UNA FORMAZIONE INDEGNA
NORMALE NON È

Mi chiamo Simone Agostini e sono un medico in formazione specialistica presso la scuola di Igiene e Medicina Preventiva dell’Università di Bologna.
Nella mia vita cerco di far convivere il desiderio di crescere come professionista della salute con la necessità e l’urgenza di dare un mio piccolo contributo come attivista. Penso che l’attivismo possa insegnarci molto anche come professionistз. Possiamo essere noi specializzandз a portare una visione e una pratica transfemminista nel nostro percorso di formazione, possiamo rivendicare il diritto al benessere come diritto lavorativo (e diritto della collettività tutta), promuovere pratiche di cura e condivisione nei nostri ambienti di formazione-lavoro, e organizzare spazi in cui fare comunità vive, in crescita.

Mi sono candidato come rappresentante dellз specializzandз presso il Consiglio Nazionale Studenti Universitari (CNSU) per portare avanti la lotta che mi vede insieme allз compagnз di Chi Si Cura Di Te? nel tentativo di dare espressione a numerose esigenze, spesso inascoltate, che ogni giorno emergono nei nostri ambienti, e di farlo proprio come espressione e con il sostegno collettivo di una comunità di solidarietà e di cura – non solo verso l’esterno, ma anche verso le persone che ci stanno accanto.

Nel mio percorso universitario, e in questa prima parte di specializzazione, ho vissuto una dimensione di precariato economico ed esistenziale che ha consolidato in me la risolutezza nel voler di dare qualche forma di tutela alle condizioni materiali in cui versano lз specializzandз. Ho visto ambienti tossici e ascoltato i racconti di vicende che non avrei mai voluto conoscere. Ho fatto fatica a gestire l’impegno economico di formarmi da studente fuorisede, chiedendomi tante volte se sarei stato in grado di gestire e terminare il mio percorso di formazione in autonomia, o se semplicemente il mio desiderio di formarmi fosse un lusso al di fuori della mia portata. Mi sono chiesto se focalizzarmi sulla mia formazione non significasse andare in apnea e chiudere gli occhi di fronte ad un mondo che brucia nell’ingiustizia.

Ma se da solo sono una persona preoccupata e relativamente impotente, è stata con la condivisione che il mio personale si è inserito in una dimensione più ampia e completa di rivendicazione politica, a tutela di tuttз. Le questioni che vogliamo portare anche in CNSU le stiamo portando insieme, e queste lotte vivono della partecipazione e della generosità di chiunque voglia fare un pezzo di cammino al con noi, al nostro fianco.

Questi sono i presupposti per incidere in modo trasformativo nel percorso di formazione specialistica e, più estesamente, nella salute della popolazione di cui facciamo parte e alla quale dedichiamo il nostro impegno.

Se siamo qui insieme a rivendicare la lotta per una formazione-lavoro adeguata, dignitosa e sostenibile, lo facciamo non per noi, ma per tuttз.

UNISCITI ALLA RIBELLIONE!

Alle elezioni del 14-15 maggio 2025,
per il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU)

VOTA SIMONE AGOSTINI

 

E unisciti a noi nel costruire un percorso di tutela per lɜ studentɜ del terzo ciclo.
Una comunità di cura e di solidarietà.

Non per noi, ma per tuttɜ.

Il nostro programma

La nostra comunità si candida a rappresentare lз specializzandз:

  • a livello nazionale con Simone Agostini in Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU)
  • con Benedetta Perna a livello dell'Ateneo di Bologna in Consiglio degli Studenti

Il CNSU è un organo elettivo del Ministero dell'Università e della Ricerca. Formula proposte su riforme dell'Università e su diritto allo studio, finanziamenti, eventi di rilevanza nazionale che riguardano gli Atenei nazionali.
Il Ministero è tenuto a rispondere entro 60 giorni.

Il Consiglio degli Studenti dell'Università di Bologna, analogamente, rappresenta tutta la comunità in formazione dell'Ateneo, tra cui anche coloro che afferiscono al Terzo Ciclo come dottorandз e specializzandз.
Esso elegge i membri del Senato Accademico e permette di intervenire su questioni che riguardano la didattica, la tassazione e il diritto allo studio.

Troppo spesso abbiamo vissuto la rappresentanza diventare uno spazio di carrierismo e ambizione personale.
Inoltre, siamo fortemente convintз che per rappresentare la comunità dellз specializzanз in maniera efficace serva ben più di una sola persona per ascoltare tutte le esigenze e portare con competenza le istanze negli organi istituzionali.
Per questo le nostre candidature, pur essendo uninominali, sono la sintesi della nostra collettività.
Per questo la nostra campagna elettorale non ha l'obiettivo di prendere un seggio, bensì la costruzione di una migliore comunità della formazione medica, per piantare il seme di una nuova coscienza collettiva.

Per questo ci candidiamo: non per noi, ma per tuttз.

Quando si vince il concorso di specializzazione e ci si iscrive finalmente alla scuola desiderata, i primi pensieri sono di gioia: la soddisfazione per il traguardo raggiunto e l’emozione per l’inizio di una nuova fase della vita. Con un po’ di ingenuità, ci affacciamo a questo nuovo mondo – spesso anche in una nuova città – immaginando una formazione ricca, una crescita personale e professionale, un’emancipazione graduale.

Purtroppo, questa sensazione dura poco. Ci scontriamo presto con una realtà ben più dura: un mercato immobiliare insostenibile, un costo della vita sempre più elevato e la fatica di arrivare a fine mese. A tutto questo si aggiunge presto anche il “conto” da pagare: ENPAM, assicurazione e tasse universitarie.

Infatti, il nostro status giuridico ci assimila a studentз universitariз, con l’obbligo conseguente di pagare le tasse universitarie. Tuttavia, la borsa di specializzazione – che di fatto rappresenta un compenso per un’attività lavorativa – non viene considerata reddito ai fini ISEE. Così, se da almeno due anni non si ha una residenza diversa da quella del proprio nucleo familiare e non si percepisce un reddito superiore alle soglie stabilite dagli atenei (obiettivi spesso irraggiungibili senza un secondo lavoro, magari tra due notti di guardia), si rientra nel nucleo familiare per il calcolo delle tasse universitarie, ma si è comunque costrettз a pagarle di tasca propria.

Aggiungendo a questo circa 400-600 euro annui di assicurazione, circa 100-200 euro annui necessari l’Ordine dei Medici e tra 300 e 600 euro di quota A ENPAM, arriviamo a circa 3.000 euro di spese annue necessarie solo per poter lavorare. In pratica, è come se lavorassimo gratuitamente per oltre due mesi.

A fronte di un aumento generalizzato del costo della vita e di una borsa di studio ferma da anni, questa situazione è diventata insostenibile.

All’interno degli organi di rappresentanza, chiediamo:

  • una riduzione del massimale delle tasse universitarie;
  • un adeguamento del minimali a quelli previsti per lз studentз;
  • l’utilizzo di strumenti alternativi all’ISEE basato sui redditi di due anni prima, per calcolare in maniera più equa gli importi delle tasse.

Inoltre, chiediamo la possibilità di accedere ad alloggi a canone calmierato, tramite le residenze universitarie o attraverso convenzioni mirate, soprattutto per chi frequenta scuole in rete formativa.

Infine, riteniamo importante introdurre agevolazioni per gli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico.

Crediamo che queste richieste non siano eccessive o pretenziose, ma che, al contrario, rappresentino che siano passi fondamentali per rendere davvero sostenibile il percorso di specializzazione. Solo così potremo iniziare ad autodeterminarci e mettere radici reali nel tessuto sociale e urbano delle sedi dove lavoriamo e viviamo.

Quante volte ti è capitato di subire commenti sul tuo corpo, tocchi indesiderati, frasi moleste giustificate come “goliardia”, o complimenti non richiesti?
Quante volte hai visto le tue colleghe affrontare le stesse situazioni?
Ti è mai successo di scoprire l’esistenza di gruppi di colleghi uomini che commentano te o le altre?
Ti sei mai ritrovata da sola con un superiore, temendo che la situazione potesse diventare pericolosa o sconfinare nella molestia?
E quante volte hai sentito normalizzare tutto questo?
Quante volte il tuo ruolo non è stato riconosciuto solo perché sei una donna?

Sappiamo che ciascuna di noi, in forme diverse, ha subito molestie, sia nella propria vita privata che in ambito accademico e lavorativo. E sappiamo anche quanto spesso, per riuscire ad andare avanti, ci troviamo a minimizzare, a interpretare la violenza come uno scherzo, a rivestirla di leggerezza, o ad accettarne la normalizzazione. Ma sappiamo anche quanto sia potente avere accanto amiche e colleghe con cui parlare, condividere, reagire. Quanto possa essere trasformativo il senso di sorellanza che, giorno dopo giorno, ci unisce e ci rafforza.

Tuttavia, non ci basta più affidarci soltanto alla nostra forza, alla nostra reazione “dal basso”. Vogliamo anche una risposta chiara e decisa da parte delle istituzioni e della comunità intera con cui condividiamo gli spazi di studio e lavoro. Non possiamo accontentarci della sola presenza della consigliera di fiducia, una figura spesso priva di strumenti reali perché costretta a muoversi nello stesso sistema di potere degli aggressori.

Vogliamo costruire insieme spazi che siano davvero sicuri da vivere e nei quali crescere come professioniste.

Vogliamo un codice anti-molestie che responsabilizzi sia l’istituzione sanitaria presso cui lavoriamo sia la scuola di specializzazione a cui apparteniamo, che permetta meccanismi di segnalazione tutelanti e che garantisca un canale diretto con i Centri Anti Violenza.

Vogliamo un percorso facilmente accessibile e chiaramente strutturato per poter denunciare situazioni di violenza senza dover temere ripercussioni.

Chiediamo l’istituzione di un tavolo permanente per monitorare gli episodi di violenza in ambito universitario e affrontarle collettivamente, con un approccio che non sia solo punitivo, ma anche preventivo. 

In assenza di un contratto di formazione-lavoro, è facile continuare a essere percepitз e trattatз come semplici studentз, pur venendo contemporaneamente impiegatз come risorse sostitutive per sopperire alla crescente e drammatica carenza di personale nelle strutture pubbliche. Questa situazione risulta estremamente conveniente per un sistema che trae vantaggio da manodopera a basso costo, priva dei diritti propri di un contratto lavorativo a tutti gli effetti.

Questa peculiare configurazione contrattuale comporta gravi ripercussioni sul nostro benessere. Sul piano formativo, infatti, moltз di noi risultano iscrittз a Scuole di Specializzazione prive di un programma strutturato e progressivo; anche laddove tale programma sia formalmente previsto, spesso non viene rispettato o è affidato a sistemi di autogestione da parte dellз specializzandз. Ciò ci costringe, non di rado, a ricorrere a master privati o a corsi extra a pagamento per colmare le gravi lacune lasciate nei nostri percorsi istituzionali.

Dal punto di vista professionale, ci troviamo frequentemente a lavorare ben oltre l’orario previsto, senza alcuna forma di retribuzione aggiuntiva, in contesti sempre più performativi, privi di una formazione adeguata e, in molti casi, ci viene richiesto di svolgere mansioni per le quali non possediamo le competenze necessarie, esponendoci a situazioni di rischio, tanto per noi quanto per lз pazienti.

Chiediamo un riconoscimento tangibile dei nostri diritti e della possibilità concreta di rivendicarli: deve essere garantita e promossa la possibilità di organizzarci in rappresentanze a difesa della nostra dignità lavorativa; deve essere riconosciuto e tutelato il nostro diritto di sciopero e deve essere fornita la possibilità materiale di partecipare attivamente ai momenti democratici (come le elezioni agli organi di Ateneo, e le riunioni delle rappresentanze); ogni forma di comportamento antisindacale va esplicitamente condannata e sanzionata per la sua natura lesiva.

In sintesi, il tentativo di concludere il percorso specialistico sostenendo un Servizio Sanitario Nazionale sempre più in difficoltà ci espone a una serie di rischi per la salute, ben documentati. Anche senza considerare le aggressioni — sempre più frequenti — non è necessario essere specialistз in medicina del lavoro per comprendere l’altissimo rischio di burnout cui è esposta una persona che lavora oltre 60 ore settimanali, nelle condizioni che tuttз conosciamo e qui brevemente riepilogate.

Alla luce di quanto sopra, chiediamo con fermezza:

  • che le Università si esprimano sull’urgenza di adottare un contratto di formazione-lavoro con responsabilità progressive, a tutela non solo della nostra salute mentale ma anche della qualità dell’assistenza erogata;
  • che l’intera popolazione in formazione specialistica venga riconosciuta come a rischio burnout, con la conseguente necessità di misure sistematiche di monitoraggio e prevenzione;
  • che venga garantita una didattica strutturata e di qualità, orientata a una crescita professionale progressiva e coerente;
  • che sia istituito un percorso unico di supporto psicologico, facilmente accessibile, adeguatamente strutturato e calibrato sulle specifiche esigenze dellз specializzandз, fin dalla prima visita presso la Medicina del Lavoro.
  • Che l'ateneo prenda sul serio il ruolo dell'organizzazione della rappresentanza come primo presidio capace di intercettare problematiche e strumento di promozione del benessere lavorativo collettivo, adottando misure idonee al supporto materiale dello sviluppo della rappresentanza

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Questionario su Violenza e molestie in strutture sanitarie

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