Specializzandi a gettone? Sfruttamento in corsia!

Vogliamo iniziare questo articolo in modo chiaro: la proposta della Giunta Chiamparino di snellire le liste di attesa facendo ricorso a medici precari è irricevibile. Da quanto sappiamo, grazie esclusivamente ad un articolo di giornale, senza un comunicato, senza delle consultazioni, senza un minimo di condivisione con le parti sociali interessate (se non con l’Università, che a quanto pare ha deciso di avallare questa proposta), l’idea è quella (citiamo testualmente l’articolo) di: “ricorrere ai medici neolaureati e neospecializzati per impiegarli a livello ambulatoriale, lo snodo tra gli ospedali e i medici di base, pagandoli «a gettone»”, sperando, in questo modo, di risolvere l’enorme problema delle liste di attesa.

specializzandi-a-gettone2Si tratta di un’idea vergognosa, da rigettare al mittente, che fa leva su quella fascia di precari, medici laureati e specializzati che, invece che essere assunti strutturalmente all’interno del SSR (Servizio Sanitario Regionale) del Piemonte, sarebbero mantenuti in questo limbo da un meccanismo “a gettone”, che garantirebbe alla Regione un ritorno in termini di servizio erogato ad un prezzo bassissimo, sfruttando uno strumento molto simile a quello, tristemente noto, dei voucher.

Proseguendo nella lettura di questo articolo, questa fascia di professionisti, la cui formazione costa allo stato circa quarantamila euro per i sei anni di medicina e più di ventimila per ogni anno di specializzazione, viene definita “riserva” che, invece che garantire un servizio strutturato e programmato, verrebbe utilizzata per smaltire le visite “giacenti”, per guadagnare quella che viene definita come “esperienza sul campo”.

Dopo dieci anni di formazione e di investimenti pubblici, un’intera generazione di professionisti viene così condannata ad un limbo di precarietà di durata imprevedibile, al di fuori dell’inquadramento lavorativo previsto dai vari SSR, in attesa di non si sa bene quale concorso, visto che il rigido blocco del turn-over imposto dai piani di rientro impedisce qualsiasi prospettiva di assunzione stabile, creando appunto quella “riserva” che molti non vedono l’ora di sfruttare per poter far quadrare i propri conti disastrati.

Non bastavano le migliaia di medici che lasciano questo paese ogni anno, non bastava quel continuo logoramento dovuto all’impossibilità di pianificare il proprio futuro, non bastavano le decine di concorsi che ciascuno di noi deve superare per poter proseguire nella propria formazione.

Fondamentale risulta però un’ulteriore considerazione per contestualizzare la proposta nel contesto sanitario nel quale ci muoviamo ogni giorno: il precariato a cui stanno costringendo (e dal quale vogliono iniziare ad attingere in maniera programmata) la nostra generazione di professionisti della salute avrà, presto o tardi, un impatto anche sul Servizio Sanitario.

E’ necessario che quindi fin da subito si metta in campo una discussione sul futuro dello stesso, che metta al centro il fabbisogno sempre più disatteso da anni di politiche recessive, tutelando al contempo la dignità di chi ne costituisce la spina dorsale.

Prima che qualcuno si indigni perché rifiutiamo di prestarci a questo meccanismo, credendo che ciò allungherà le liste di attesa o ridurrà le proprie possibilità di cura, si pensi al drammatico effetto che la discrezionalità del precariato potrebbe avere sulla sanità e sulla sua programmazione, oltre che nei confronti delle aspirazioni e dei sogni di chi veste quei camici, di chi ha deciso di mettersi in gioco per il benessere di tutti e tutte.

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