Riceviamo e pubblichiamo integralmente la testimonianza di un nostro collega che denuncia le condizioni di stress fisico e psicologico in cui moltз si trovano a lavorare a causa di turni massacranti, mancati riposi, scarse tutele per la sicurezza e la salute anche mentale.
“Il concorso SSM 2020 è stato uno degli scandali più vergognosi visti in Italia negli ultimi 20 anni: domande caratterizzate da elevate difficoltà e tendenziosità, un bando scritto palesemente male che ha spianato la strada a mille ricorsi. Mancanza di date certe e slittamenti di tutte le procedure concorsuali.
Nonostante ciò mi classifico abbastanza bene e inseguo il sogno di diventare ******* spostandomi dalla mia città natale per andare a *****. Scelta di vita piuttosto difficile perché siamo ancora in pandemia e anche se abbiamo a disposizione un vaccino, la terza ondata è probabile e so già che non sarà semplice iniziare una nuova vita, lontano dai miei affetti.
Inizio dai tre mesi di tronco comune in medicina interna e trovo un ambiente di lavoro molto interessante e amichevole dove gli strutturati sono molto gentili e a fine giornata addirittura ti ringraziano per il lavoro svolto. Tuttavia le mie condizioni di salute peggiorano giorno dopo giorno perché la socialità che vivevo a casa mia era un’altra cosa: mi manca la mia famiglia e pur conoscendo nuove persone, mancano le occasioni per incontrarsi complice la zona rossa e il loro ritorno a casa nel weekend (reso possibile dal fatto che abitano molto più vicini rispetto a me).
Il 25 aprile passo al reparto specifico. Lì le mie condizioni di lavoro peggiorano drasticamente e tutto è organizzato molto peggio: non viene garantita la visita del medico di sorveglianza, i tamponi di controlli vengono fatti a intervalli molto più ampi, il software di gestione clinica è scandalosamente lento e si impalla spesso. In questo reparto, il tutor affianca lo specializzando saltuariamente perché gli è richiesto il dono dell’ubiquità per coprire, contemporaneamente, anche l’ambulatorio.
Lì l’orario lavorativo cambia: è molto più duro, non si finisce più alle 16 ma quasi sempre alle 18 per via delle troppe cose da fare. Ci sono molte più guardie fino alle 18 e anche fino alle 20.30 (effettuate dopo aver lavorato anche la mattina in reparto). Si fa un weekend e mezzo al mese configurando un periodo di 12 giorni consecutivi di lavoro in cui mancano le 24 ore consecutive di riposo a settimana obbligatorie per legge. Lo smonto dai festivi non è previsto (non lo hanno nemmeno gli strutturati che ormai si crogiolano nel loro burn out).
Purtroppo siamo solo tre specializzandi a ruotare sulla struttura e quindi i due che stanno in reparto gestiscono sette pazienti a testa che versano in condizioni terribili. A peggiorare il quadro già orribile, ci pensa un tutor con zero empatia ed elevatissima ansia che critica tutto il mio operato dalla a alla z, mi delega solo cose burocratiche e non si fida di me (forse anche a ragione perché sono in gravissima difficoltà e non riesco a lavorare bene come prima).
Abituato al vecchio reparto tendevo ad andarmene alle 16, perché c’era comunque il medico di guardia al mio posto. Ma il nuovo tutor ansioso mi chiamava (fuori orario di lavoro) dicendo che dovevo avvisare quando andavo via o comunque mi faceva sentire in colpa perché sarei dovuto restare lì ad aspettare l’esito di un risultato di laboratorio o una consulenza che potevamo vedere anche l’indomani.
Per due settimane consecutive addirittura saltai la visita dalla psicologa perché mi veniva fatta pressione per restare in reparto oltre l’orario. A volte avevo un po’ di sollievo col cambio tutor ma poi era peggio perché gli errori fatti durante la settimana in cui ero affiancato dallo specialista venivano tutti messi in evidenza e rimproverati solo a me da lui che è internista. Si arriva facilmente al mobbing con frasi come “brutto idiota!” oppure “lavoro con delle teste di cazzo” quest’ ultima dovuta ad un errore fatto da un’altra sua collega. I miei colleghi specializzandi, almeno, ruotavano tra day hospital e reparto mentre io (che in realtà ero assegnato all’ambulatorio) ero relegato al solo reparto a causa di una irrimediabile carenza di personale che affliggeva quella struttura.
Dopo gli ultimi sfoghi del tutor, ho chiesto dieci giorni di malattia. Sono stato un po’ meglio e al ritorno ho cambiato tutor come pattuito con il primario che aveva capito le mie difficoltà. Il vecchio tutor non mi ha più rivolto la parola e una volta sentii pure che parlava di me dicendo in modo sarcastico “povero ****”. Purtroppo il disagio era ancora fortissimo così sono tornato in malattia e ho studiato per ripetere il concorso perché ho deciso che non era giusto morire così.
Ad inizio agosto ho preso questa mia decisione molto sofferta perché comunque ho cambiato una branca che mi piaceva per una branca che comunque mi piace, costretto dal fatto di non aver dato le dimissioni prima dell’inizio del concorso. Adesso ho ritrovato un briciolo di serenità dato che ormai i livelli di ansia e angoscia e depressione erano arrivati a vette altissime così come anche le ideazioni suicidarie. Condivido la mia storia perché altre persone non facciano il mio stesso errore. Io ho pagato una psicologa privata, ma sarebbe stato meglio fare capo allo psicologo dell’Università per cercare di conciliare vita e lavoro, probabilmente non sarebbe cambiato niente ma almeno avrei risparmiato qualcosa.
Ho visto anche uno psichiatra che mi ha diagnosticato un “disturbo dell’adattamento con umore misto ansioso-depressivo”. Prima di fare la rinuncia ho parlato col direttore di scuola al quale sono riuscito a comunicare il mio disturbo solo in maniera confusa perché stavo davvero malissimo. Dopo aver fatto chiarezza, gli mandai una mail in cui chiedevo il trasferimento per motivi di salute ma non ho avuto risposta così ho deciso di salvarmi la vita da solo.
Altro motivo per cui condivido quest’ esperienza è che nel mondo di oggi stiamo perdendo tutti i diritti fondamentali dei lavoratori e non va affatto bene. Diceva mia nonno che il calzolaio indossa scarpe rotte ma qua stiamo esagerando tra burn out, suicidi, depressione e ansia nella popolazione dei sanitari.”
Non è la prima volta che riceviamo testimonianze di turni massacranti, livelli di stress insopportabili e atteggiamenti squalificanti al limite del mobbing da parte dei tutor strutturati.
Per questo stiamo portando avanti una campagna per i diritti dellз medicз in formazione e per la salute mentale dellз operatorз della salute. Se vuoi partecipare, se vuoi condividere anche tu una tua esperienza o se hai bisogno di assistenza per il tuo lavoro e la tua formazione, contattaci a info@chisicuradite o nel gruppo del nostro Infopoint.
Se vuoi partecipare all’inchiesta sull’orario di lavoro dellз medicз specializzandз, clicca QUI.