Nella Striscia di Gaza è in corso una catastrofe sanitaria di proporzioni senza precedenti che va al di là dell’emergenza quotidiana e del tragico conteggio di mortɜ e feritɜ.
L’attacco agli ospedali da parte dell’esercito isreaeliano è divenuto sistematico e intenzionale, motivato dal presunto inseguimento di miliziani di Hamas che sarebbero nascosti nei sotterranei dei nosocomi.
Mentre sui nostri schermi appaiono, ormai non più evitabili, le immagini dei bombardamenti degli ospedali, la violenza contro lɜ civilɜ palestenesi si compie anche attraverso un effetto meno evidente, di cui Israele è responsabile: il collasso totale del sistema sanitario di Gaza.
Gli ospedali come obiettivo militare
La violenza inaudita dell’occupazione sionista ha devastato l’ospedale Al Shifaa, il più grande della Striscia di Gaza: il 15 novembre, le truppe israeliane, compresi i carri armati, sono entrati nel complesso dell’ospedale prendendo il controllo di diverse sezioni, perquisendo e interrogando le persone che si trovavano all’interno
Diciotto ospedali sono stati chiusi ed evacuati dall’inizio delle ostilità, di cui tre (An Nasr, Ar Rantisi e Al Quds) negli ultimi giorni.
Altri cinque ospedali, incluso Shifa, forniscono servizi estremamente limitati solo alle persone già ricoveratɜ. Questi ospedali non sono accessibili, non hanno elettricità nè forniture e non accettano nuovi pazienti.
Dei 24 ospedali con capacità di ricovero nel Nord della striscia, solo uno, Al-Ma’madani, nella città di Gaza, è attualmente operativo e accoglie pazienti.
Fino a qualche giorno fa, la crisi dei servizi di emergenza aveva portato a decisioni che, in Occidente, sarebbero impensabili, come dover scegliere chi salvare tra pazienti che, in circostanze normali, sarebbero tutti in grado di sopravvivere.
Ora non più, ognuno ha la stessa sorte: ormai, nella maggior parte dei 30 ospedali di Gaza, nessunə può essere curato.
A Gaza un cimitero di bambinɜ
Più di 4.506 bambinɜ palestinesi sono statɜ uccisɜ dall’ininizio dell’attacco, altri 1.500 circa risultano dispersi, molto probabilmente mortɜ sotto le macerie, secondo la ONG Defense for Children International.
Il numero di bambini uccisɜ a Gaza in sole tre settimane ha superato il numero di quellɜ che ogni anno hanno perso la vita nelle zone di conflitto del mondo dal 2019 a oggi. Il rischio che dellɜ bambinɜ muoiano a causa delle ferite riportato non è mai stato così alto.
Attraverso l’assedio degli ospedali Israele si è resa responsabile dell’uccisione persino dellɜ neonatɜ nelle incubatrici: il reparto di terapia intensiva neonatale di Al-Shifaa, l’ospedale più grande di Gaza, ha smesso di funzionare e tre bambinɜ prematurɜ sono già mortɜ, altri 36 stanno rischiando la vita.
Mancanza di cure
50 mila donne incinte (fonte UNFPA) non hanno accesso ai servizi sanitari di base o a quelli ospedalieri per il parto o la presa in carico delle complicanze neonatali.
Dal 1° novembre l’unico ospedale oncologico a Gaza ha smesso di funzionare a causa della mancanza di carburante e dei diversi attacchi che hanno colpito la struttura, lasciando 2.000 malatɜ di cancro in condizioni di salute catastrofiche. «I trattamenti specialistici per i malati di cancro, come la chemioterapia, non sono disponibili», ha detto il Dr. Subhi Sukeyk. «Se un paziente non riceve il trattamento, la diffusione del cancro nel suo corpo è inevitabile e morirà. La notte in cui i pazienti sono stati trasferiti, quattro di loro sono mortɜ. La notte precedente ne sono mortɜ sei».
Fuori dagli ospedali, fra morte, fame e malattie
L’esercito sionista ha già ucciso 11.078 persone palestinesi e ferite 27.490.
Inoltre, secondo il Ministero della Salute di Gaza, al 10 novembre circa 2.700 persone risultano disperse e si presume siano intrappolate o morte sotto le macerie.
Le intense ostilità e la distruzione su larga scala delle infrastrutture civili hanno portato allo sfollamento di massa della popolazione civile: 1,6 milioni di persone sono attualmente sfollate. Di queste, 725 mila si sono rifuggiati nelle scuole gestite dall’Onu.
Luoghi che, a causa della mancanza di acqua pulita, cibo, biancheria e servizi igienici adeguati, si stanno trasformando in fertili terreni di coltura per malattie epidemiche.
È già stato segnalato un picco di malattie infettive, con 3.150 casi in un giorno, che hanno coinvolto per la maggior parte bambinɜ. Ferite aperte e fratture causate da armi da fuoco sono altamente suscettibili di infezioni, e, con la scarsa scorta di medicinali e l’accesso estremamente limitato all’acqua pulita, il tasso di resistenza agli antibiotici è divenuto allarmante.
Per evitare il diffondersi delle infezioni, le amputazioni sono al momento la procedura chirurgica più frequente, svolta senza alcun sollievo dal dolore per mancanza di farmaci anestetici.
La deprivazione come arma di guerra
La popolazione civile di Gaza è oggi privata degli elementi essenziali per la sopravvivenza, inclusi cibo, acqua, energia, riparo, igiene, salute ed ogni tipo di assistenza. È negato l’accesso al carburante per rifornire ospedali, impianti idrici e igienico-sanitari.
Il blackout elettrico totale dura ormai da 35 giorni.
Il 15 novembre, le società di telecomunicazioni di Gaza hanno annunciato la graduale cessazione di tutti i servizi di comunicazione e internet nella Striscia, in seguito all’esaurimento delle riserve di carburante per far funzionare i generatori. Le agenzie umanitarie e i primi soccorritori hanno avvertito che i blackout mettono a repentaglio la fornitura di assistenza salvavita.
La Mezzaluna Rossa Palestinese (PRCS) ha riferito di non essere stata in grado di rispondere a centinaia di richieste di assistenza ed evacuazione delle persone ferite o intrappolate sotto le macerie. Le persone sfollate in fuga dal nord segnalano la presenza di cadaveri lungo la strada.
Nel nord di Gaza, centinaia di migliaia di persone lottano per assicurarsi la quantità minima di acqua e cibo per sopravvivere. Il consumo di acqua proveniente da fonti non sicure solleva serie preoccupazioni sulla disidratazione e sulle malattie trasmesse dall’acqua. Il Programma alimentare mondiale (WFP) ha espresso preoccupazione per la malnutrizione e la fame. Nel frattempo, il 15 novembre è stato colpito e distrutto il mulino As Salam a Deir Al Balah, l’ultimo mulino funzionante: la sua distruzione significa che in futuro a Gaza non sarà più disponibile farina prodotta localmente.
Non da 36 giorni ma da 74 anni
A Gaza negli ultimi 16 anni di blocco israeliano, ogni singolo determinante socioeconomico e strutturale della salute è stato intenzionalmente minato da Israele.
La mancanza di servizi igienico-sanitari porterà non solo a situazioni di emergenza nel breve periodo, come la rapida diffusione di molte malattie infettive, ma anche a consequenze tragiche per la salute a lungo termine: molte persone svilupperanno condizioni respiratorie a causa dell’inquinamento da esplosivi e dei fumi di fosforo bianco. lcuni di coloro che sopravviveranno alla guerra soffriranno di gravi traumi psicologici e di innumerevoli altri problemi medici per molti anni a venire.
Per questo come medichɜ non possiamo rimanere in silenzio di fronte a tutto questo e siamo chiamati mettere in luce la barbarie che l’occupazione sionista sta perpetrando nei confronti del popolo Palestinese.
Contro questo attacco criminale contro un diritto umano fondamentale come quello alla cura, come mediche e medici abbiamo voluto manifestare scendendo in piazza con i nostri camici macchiati di rosso, come il sangue dellɜ colleghɜ che stanno morendo a Gaza, continuando a fare il loro lavoro in condizioni disastrose.
Fonti:
https://ilmanifesto.it/nella-striscia-si-morira-ancora-a-lungo-per-limpossibilita-di-fornire-cure
https://ilmanifesto.it/gaza-lassedio-agli-ospedali-uccide-anche-i-neonati
https://www.savethechildren.it/press/gaza-3195-bambini-uccisi-tre-settimane-un-numero-superiore-quello-annuale-dei-bambini-che

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