Borse aggiuntive SSM: pecunia non olet?

Quasi al termine della pausa estiva degli scorrimenti di graduatoria SSM2019, ci dedichiamo ad una riflessione sui cosiddetti contratti aggiuntivi, ossia le borse finanziate dalle regioni e province autonome e da altri enti pubblici e privati, con fondi non statali.

Il numero dei contratti non riservati (esclusi, cioè, quelli per i dipendenti del Ministero della Difesa, della Polizia di Stato e del SSN) sfiora le 9000 unità, cui le Regioni hanno contribuito per più del 8% del totale, mentre gli altri enti pubblici e privati per quasi il 2%. Il 90% dei contratti, dunque, è statale. Quest’anno, gli unici enti pubblici ad avere finanziato borse sono stati l’INPS, l’Azienda USL Toscana Centro e l’IRCCS Policlinico San Martino di Genova: tutti gli altri contratti aggiuntivi non regionali provengono dai fondi di enti privati. Come ben sapranno i candidati del concorso di quest’anno e dei precedenti, a tali borse si accede con il possesso di determinati requisiti, specificati dall’erogatore, e/o con l’impegno a rispettare determinate clausole integrative rispetto al contratto nazionale di formazione specialistica. Questi prerequisiti e condizioni contrattuali sono snocciolati in uno dei tanti decreti emanati dal MIUR sul concorso e la distribuzione dei posti, una decina di pagine la cui interpretazione richiede un po’ di tempo ed il confronto punto per punto con un’altra tabella allegata ad un altro decreto. Prendiamo un bel respiro ed iniziamo lo slalom tra i commi e subcommi scritti nelle stanze dei consigli regionali, degli uffici aziendali e del ministero. Lo stesso slalom che tutti i candidati hanno dovuto fare per manifestare con consapevolezza il loro interesse a partecipare all’assegnazione dei contratti aggiuntivi.

Alle borse regionali si accede con una serie di requisiti variabili da regione a regione, tra cui la residenza e l’iscrizione ad un Ordine dei medici territoriale. Quasi tutte le regioni richiedono che il fruitore del contratto aggiuntivo si impegni a lavorare in regione per un certo periodo di tempo; alcune impongono anche la restituzione della borsa in caso di mancato conseguimento del titolo o di mancato rispetto dell’obbligo di servizio. In molti casi non si può concorrere per una borsa regionale qualora se ne sia già usufruito in passato; altri criteri di accesso, più vari, prevedono la nascita sul suolo della regione, l’essere figli di emigrati dal territorio, l’aver conseguito la laurea presso uno degli atenei regionali, non superare un limite di età od un certo reddito. Tre regioni si sono premurate di specificare che gli specializzandi beneficiari dei loro contratti aggiuntivi accettano di formarsi in strutture ospedaliere individuate congiuntamente dall’Università e dalla Regione. L’Emilia-Romagna non ha posto vincoli a priori, consentendo a tutti di accedere ai propri posti regionali (a patto di lavorare poi in regione). Calabria, Umbria e Valle d’Aosta non hanno finanziato contratti aggiuntivi.

I contratti degli enti pubblici (ossia l’INPS, l’USL Toscana Centro ed il San Martino di Genova) richiedono rispettivamente, per accedere alle borse da essi erogate, di essere figli di dipendenti pubblici e gli stessi requisiti richiesti per le borse finanziate dalla Regione Toscana e dalla Liguria.

Gli enti privati finanziatori di borse non prevedono requisiti a priori, mentre richiedono tutti che lo specialista che si è formato con i loro fondi presti servizio presso di essi per un certo periodo di tempo.

Dalla nostra analisi emergono alcuni aspetti critici da tenere ben presenti:

  • Come i candidati hanno già detto e toccato con mano, la grande variabilità nei requisiti richiesti dalle Regioni fa sì che, a seconda della regione di residenza, il numero di borse per cui si può concorrere cambi sensibilmente. I candidati più fortunati possono concorrere al contempo per anche tre regioni, mentre c’è chi può aspirare ai contratti aggiuntivi di una sola.
  • Non è sempre chiaro quando termini l’obbligo contrattuale di prestare servizio in regione o presso la struttura: alcune regioni ed enti stabiliscono un limite temporale, in altri casi si resta nell’incertezza di poter essere chiamati a rispettare una clausola magari molto tempo dopo averla sottoscritta.
  • Non è mai chiaro, nel caso delle borse regionali, come dimostrare l’adempimento all’obbligo di servizio: sarà la Regione a contattare lo specialista su necessità, o si sarà costretti a partecipare a tutti i concorsi pubblici indetti dalla Regione erogatrice, magari anche banditi per presidi ospedalieri per i quali non si ha interesse? Il lavoro presso strutture private o private convenzionate sul territorio della regione sarà considerato valido ai fini dell’assolvimento di questo obbligo?
  • Salvo che in pochi casi (restituzione della borsa), non si conoscono le conseguenze in caso di mancato rispetto dell’obbligo di servizio o delle altre clausole aggiuntive.
  • Pochissimi atenei pubblicano sul proprio sito web i contratti di formazione specialistica con le relative clausole integrative.
  • Non è mai specificata la forma contrattuale che verrà utilizzata nel rapporto di lavoro da specialista: l’essersi formati con finanziamenti aggiuntivi garantirà un contratto da dipendente con le relative tutele, od esporrà a collaborazioni libero-professionali a partita IVA da accettare per non incorrere in sanzioni o nella restituzione della borsa?
  • Le Regioni che chiedono agli specializzandi di accettare di svolgere la specializzazione dove congiuntamente stabilito con le Università intendono far passare ai soggetti in formazione l’intera specializzazione sul territorio e lontano dai policlinici universitari? Le strutture presso cui verranno inviati gli specializzandi sono accreditate ed in rete formativa per le rispettive Scuole?

Fatta salva l’autonomia delle Regioni nella scelta dei criteri di accesso alle proprie borse, ne è stata incentivata l’armonizzazione per maggiore equità? Perché non si è sgombrato il campo dal pericolo di uno sfruttamento futuro da parte dei privati e, in parte, anche degli enti pubblici? Al MIUR hanno fatto queste considerazioni? Vigileremo e ci impegneremo per chiarire questa situazione, armonizzare l’accesso ai contratti aggiuntivi ed ottenere le giuste tutele.

3 commenti su “Borse aggiuntive SSM: pecunia non olet?”

  1. Come si fa a poter avere la certezza su questi punti? Bisogna mandare mail alla Regione a tutto spiano? Per la Toscana io non ho trovato alcuna informazione da nessuna parte e anche le altre associazioni che ho sentito brancolano nel buio.

    1. Ciao Giammarco,
      Bella domanda…. Purtroppo al momento, anche riuscendo ad ottenere un parere dalla Regione, non è detto che questo sia definitivo né che rimanga valido a distanza di anni. Per i prossimi concorsi bisognerebbe riuscire ad ottenere una specifica nella delibera regionale di finanziamento delle borse, o meglio ancora un regolamento ministeriale.

  2. Pingback: Carenza medici e misure emergenziali: il limiti del modello Veneto – Chi si cura di te?

I commenti sono chiusi.

Torna in alto