A cinque anni dal nostro primo testo abbiamo deciso di sottolineare come effettivamente la gran parte dei problemi di cui oggi si discute non siano altro che logiche conseguenze di una volontà politica che già denunciavamo nel nostro primo documento.
La crisi economica ha continuato a produrre frutti velenosi, nelle politiche di austerity adottate al livello europeo e nazionale, che hanno avuto fortissime conseguenze sul nostro modello di welfare, in particolare su scuola e sanità. Ha infatti rappresentato un enorme trasferimento di ricchezze verso l’alto, con un inasprirsi delle disuguaglianze sociali e uno smantellamento del welfare state, con un trend in costante riduzione delle risorse da parte del pubblico, con un Fondo Sanitario Nazionale costantemente definanziato, ed una spesa privata in preoccupante aumento.
Nel quadro preoccupante in cui oggi ci muoviamo, proviamo ad analizzare la situazione a partire da quello che abbiamo più vicino, cioè la filiera formativa dal test di ingresso all’accesso al mondo del lavoro, che oggi vede tre drammatici imbuti.
Si inizia con un test di ingresso che non garantisce equità, ma risponde esclusivamente a logiche strutturali di capienza delle strutture formative, senza alcuna minima programmazione basata sui bisogni di salute della popolazione. Lo dicevamo cinque anni fa e oggi assistiamo alla cruda realtà di una carenza sostanziale personale medico e sanitario in genere; nonostante questi numeri fossero ben chiari già a suo tempo nulla è stato fatto per investire in formazione e salute creando le infrastrutture universitarie e sanitarie necessarie, anzi si è preferito ridurre il numero degli accessi di anno in anno.
Successivamente un esame di abilitazione che comporta ritardi per l’accesso alla formazione specialistica e sul quale qualcosa è stato fatto, ma in modo parziale, mancando completamente l’ottica di revisione dei corsi di studio e delle problematiche riguardanti tutta la filiera formativa, elemento centrali per un’applicazione positiva di un tirocinio abilitante anticipato all’interno del corso di laurea.
Dopo tanto peregrinare ancora disinvestimento in formazione visto che dei circa 10000 laureati in Medicina e Chirurgia dalle Università, selezionati dal cosiddetto numero “programmato”, solo 7500 medici entrano in un percorso di formazione Post Laurea (Corso di Formazione Specifica in MMG, Scuole di Specializzazione), per cui cronicamente ogni anno viene persa una quota di circa 2500 specialisti o medici di medicina generale; questa situazione è in corso ormai da tempo ed ha portato ad un accumulo cronico di medici in attesa di specializzazione con una copertura di circa solo il 50% dei candidati ai concorsi. Sulla formazione specialistica in sé molto ci sarebbe da dire in termini di qualità dei percorsi formativi e sarebbe necessaria una revisione soprattutto in alcuni ambiti; anche in questo settore si assiste sempre di più a carenze formative dove lo specializzando altro non è che una risorsa per far fronte a carenze strutturali di personale. La sorte degli specializzandi in medicina generale è ancora peggiore con alcune Regioni che si distinguono per la qualità del percorso formativo ed altre che nemmeno erogano le borse di formazione, una situazione così eterogenea che di certo non garantisce una formazione di qualità a livello nazionale per i cittadini. Infine l’analisi sul complicatissimo terzo imbuto ovvero l’accesso al mondo del lavoro: per coloro che attendono la formazione specialistica l’accesso al mondo del lavoro è traumatico tra un settore pubblico che colma le carenze sul territorio con incarichi a breve termine e un settore privato che, in virtù della carenza di specialisti, impiega il sempre più numeroso personale non formato in una forma di precarizzazione estrema; i medici in attesa di specializzazione infatti rivestono un ruolo sempre più ampio di manodopera a basso costo e scarsa formazione nel SSN con conseguenze immediate sulla salute della popolazione. Sulla linea degli enti privati anche alcune regioni stanno tentando di adeguarsi a standard di formazione-lavoro spingendo per il cosiddetto doppio canale delle specializzazioni dove la quota dei medici esclusa dal percorso formativo classico verrebbero inseriti con un contratto a tempo determinato all’interno del SSR. Le prospettive formative per questi soggetti sono incerte, l’unica cosa sicura è non sarebbero accreditabili presso il MIUR con una conseguente invalidità del titolo di specializzato ottenuto. La soluzione alle attuali carenze non può e non deve essere abbassare l’asta della qualità del servizio.
Per i neospecialisti il blocco del turn-over fa da padrone con un impiego sempre più massiccio da parte delle aziende sanitarie di contratti libero professionali.
Il chiaro disegno di depotenziamento del pubblico, attraverso precarietà, liste di attesa e ticket, sta generando un reindirizzo della domanda verso il privato, che riesce a rispondere adeguatamente anche grazie ad un rafforzamento dell’attività di lobbying da parte di Assicurazioni private, cooperative, Casse Mutue, che stanno aggredendo quel quasi 30% di spesa privata annuale in sanità (circa 35 miliardi, al 2017), un capitale troppo ghiotto per essere lasciato frammentato, e che sta richiamando una crescente attenzione.
In tutto questo piano la grande assente è ancora una volta la salute della popolazione, non più un diritto, ma merce sul mercato, con il pubblico che risponde solo cercando di erogare il servizio in modo accettabile con il minor impegno di risorse possibile. Il tutto davanti ad un privato che troppo spesso ha regole, standard e controlli di qualità inferiori e quindi anche costi minori.
Sta a noi professionisti e futuri tali, insieme alla popolazione tutta, interrogarci su quale modello di salute vogliamo, in quale modello di servizio ci rispecchiamo e quali riteniamo siano le condizioni di lavoro che ci meritiamo come lavoratori, ma anche come cittadini e familiari di fruitori del servizio. Noi, come Coordinamento Chi Si Cura di Te? non siamo pronti a scendere a compromessi sulla salute e, se di volontà politica si tratta, la nostra è quella di lottare affinché tale disegno non venga portato a compimento.
Le prospettive di lavoro sono molteplici e partono dai territori, dalle scelte delle singole strutture dove tutti operiamo, fino ad arrivare alle Regioni e ai piani politici nazionali.
La generazione di chi ha appena terminato gli studi, fino a coloro che stanno ripetendo i concorsi, stanchi, dopo anni di libera professione, o a chi una volta specializzato si troverà nell’ignoto più assoluto, questa è la generazione che sarà travolta da questo fenomeno e a cui rivolgiamo le nostre attenzioni perchè nel sistema che stanno delineando avremo da esaurire i nostri anni di professione e tutti noi vogliamo rendere un servizio di qualità e in serenità.
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