Il tema dell’eutanasia rappresenta ancora oggi un argomento scivoloso, accolto da posizioni molto divisive e dibattute. Purtroppo anche fra operatori ed operatrici sanitari si preferisce, troppo spesso, archiviare, ignorare, lasciare cadere il discorso, anziché alimentare un vitale dibattito pubblico ed affrontare gli aspetti deontologici ed etici che ci riguardano in prima persona quando il nostro ruolo di cura diviene quello di accompagnare i nostri pazienti al fine vita.
Eppure, proprio in quanto lavoratori e lavoratrici della salute dovremmo essere lə primə a sostenere il dialogo e la diffusione di conoscenza su tali temi, sia fra la popolazione generale sia fra colleghə. Quante volte ci troviamo a somministrare terapie senza ponderare in maniera condivisa con lə paziente il vero rapporto rischio-beneficio a lungo termine, valorizzando la volontà stessa dell’assistito di sottoporsi a tale trattamento? Quante volte subentrano sentimenti di indecisione e paura nel perseguire indagini diagnostiche invasive e trattamenti per mancanza di espressione verbale, da parte del paziente, circa il percorso che vuole intraprendere? Vi è mai successo di sperimentare quanto possa diventare difficoltosa la gestione di un paziente senza una presa di posizione da parte dei parenti, qualora la persona non sia più in grado di decidere per sé?
L’introduzione nel 2018 delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT), strumento ancora poco conosciuto dai più e ancor meno utilizzato, e il pronunciamento della Corte Costituzionale che ha chiarito che l’interruzione delle terapie che sostengono l’attività vitale non è punibile come omicidio, hanno solo parzialmente risposto a queste domande.
L’intervento attivo dellə medicə nel determinare il decesso dellə pazienti che lo richiedono nel nostro paese è ancora punibile come omicidio del consenziente e l’eutanasia, ad oggi, rimane un privilegio di chi ha le possibilità (principalmente economiche) di raggiungere uno dei paesi dove l’eutanasia è legale.
Per questo motivo, dal 30 giugno è iniziata la raccolta firme, promossa da associazioni, movimenti e partiti, per il referendum che si propone di abrogare parzialmente l’articolo del codice penale che, attualmente, espone a condanna chi aiuta a ricorrere all’eutanasia (art. 579), introdotto con decreto regio nel 1930 (qui maggiori informazioni). Perché si possa indire il referendum, è necessario raggiungere 500.000 firme entro il 30 settembre. Come Coordinamento di mediche e medici, abbiamo deciso di partecipare attivamente e di offrire il nostro contributo per questo scopo. A questo link (https://referendum.eutanasialegale.it/dove-firmare/) sono disponibili le sedi dove è possibile firmare.
L’argomento sarà inoltre uno dei temi di discussione durante la nostra Assemblea Nazionale in programma dal 10 al 12 settembre a Firenze.
Se vuoi partecipare con noi contattaci!