Noi medici specializzandi siamo figure chimeriche per definizione: siamo laureati in Medicina e Chirurgia, abbiamo conseguito l’abilitazione alla professione ed abbiamo superato il concorso per accedere alla formazione specialistica. Cosa vuol dire? Che siamo medici a tutti gli effetti, ma che stiamo impiegando il nostro tempo per imparare a diventare anestesisti, cardiologi, infettivologi, internisti, pneumologi… Il che prevede la nostra costante presenza negli ospedali, molti dei quali, ad oggi, complici anni di tagli alla sanità, fanno forte affidamento sulla nostra presenza per portare avanti le attività assistenziali. Nel frattempo frequentiamo lezioni, seguiamo corsi, studiamo. Siamo, infatti, anche studenti iscritti all’università e, come tutti gli studenti, versiamo alle università la contribuzione studentesca.
Nel momento in cui accediamo alla scuola di specializzazione, firmiamo un contratto con l’Università che prevede ben poche tutele dal punto di vista lavorativo, proprio perché non siamo inquadrati come lavoratori ma come studenti. Possiamo usufruire al massimo di 40 giorni di malattia, superati i quali viene sospesa la formazione e la borsa parzialmente decurtata. Abbiamo un monte orario settimanale fisso di 34 ore di formazione pratica e 4 di formazione teorica, non è previsto che si possano fare straordinari. O meglio, tutti noi superiamo regolarmente le 34 ore settimanali, ma semplicemente non ci vengono retribuite. In molti casi non godiamo dello stesso trattamento del resto del personale: non possiamo parcheggiare nei posti per dipendenti, non possiamo usufruire dei servizi di ristorazione, non possiamo utilizzare i nidi aziendali.
Queste sono solo alcune delle differenze tra il personale strutturato ed un medico in formazione specialistica. Siamo terra di nessuno, sospesi in un limbo tra l’essere studenti e l’essere professionisti, molto spesso a seconda delle convenienze del nostro interlocutore.
All’inizio dell’emergenza COVID, una delle prime misure adottate dalle università e dalle aziende ospedaliere è stata quella di limitare l’esposizione del personale non necessario nei reparti. Così, mentre i tirocini degli studenti di medicina e delle professioni sanitarie sono stati sospesi, l’attività assistenziale degli specializzandi è proseguita, dimostrando così una verità fattuale: gli specializzandi fanno parte del personale necessario al funzionamento dei reparti.
Al contempo, però, i nostri piani formativi sono stati del tutto stravolti, per cui molti di noi sono stati riassegnati in reparti differenti da quelli previsti dal percorso di studi per far fronte alla richiesta di personale. Gran parte delle attività elettive degli ospedali dove svolgiamo le attività professionalizzanti (ambulatori, sale operatorie, servizi) sono state sospese così come le attività didattiche (le lezioni su piattaforme on-line per gli specializzandi sono eventi più unici che rari). Infine, molte regioni hanno assunto gli specializzandi degli ultimi due anni, che, pur lavorando a tutti gli effetti come medici strutturati, continuano a versare la contribuzione universitaria. Tutto ciò ha portato, di fatto, all’interruzione della nostra formazione. Dover contribuire economicamente per una formazione di cui non stiamo godendo, aggiunge, oltre al danno, anche la beffa.
In un momento che ci vede costantemente impegnati in prima fila per far fronte all’emergenza sanitaria, offrendo il nostro impegno, le nostre conoscenze, la nostra professionalità, riteniamo iniquo che ci sia richiesto il pagamento delle tasse universitarie.
Ci rivolgiamo, quindi, al Ministro dell’Università e della Ricerca per chiedere, per gli specializzandi di tutti gli atenei italiani:
- Il rimborso delle tasse universitarie già pagate relativamente al periodo dell’emergenza COVID.
- L’esonero dalle tasse ancora da pagare.
Se la formazione è sospesa, si sospendano anche le tasse!
Firma anche tu la petizione!