Siamo medichə, specializzandə, corsistə di medicina generale, specialistə, medichə di medicina generale, professionistə santirə, studentə del corso di laurea in medicina e delle professioni sanitarie. Ieri siamo scesə in piazza con NON UNA DI MENO per unire la nostra rabbia a quella dellə nostrə sorellə e compagnə. Vogliamo fare rumore insieme ad Elena Cecchettin e allə altrə, non vogliamo tacere.
Vogliamo denunciare la complicità di uno Stato che non si schiera, che non prende una posizione netta rispetto a questa violenza sistemica.
Vogliamo denunciare quell’aula del Senato deserta di qualche giorno fa e la vergognosa manovra approvata. Vogliamo denunciare il silenzio altrettanto complice di quella parte della società che ancora si rifiuta di riconoscere la matrice patriarcale della violenza che ci colpisce. Non vi permetteremo di sminuire e banalizzare il femminicidio di Giulia Cecchettin e dellə altrə.
Vogliamo denunciare la narrazione abilista che troppo spesso accompagna quella mainstream sulla violenza di genere. Vogliamo farlo per Rita Talamelli, ma anche per tuttə le altrə vittimə di violenza. Non vi permetteremo di giustificare un femminicidio in nome del vostro immaginario profondamente distorto e abilista sulla salute mentale. Non vi permetteremo di colpevolizzare Rita Talamelli.
Vogliamo denunciare la continua minimizzazione da parte delle forze dell’ordine e la loro immobilità di fronte alle nostre denunce, la loro mancanza di formazione e completa incapacità di relazionarsi a chi vive la violenza, in tutte le sue forme. Vogliamo condannare l’aggressione, che ancora una volta resterà impunità, da parte delle FF.OO. di ieri, ai danni dellə sorellə che manifestano il loro dissenso. La reazione violenta di quella stessa Polizia di Stato che nei giorni scorsi ha condiviso i nostri testi di lotta e ieri ha aggredito lə compagnə che hanno giustamente sanzionato un’associazione misogina e antiabortista, che continuamente si esprime contro la comunità LGBTQIAP+ generando e perpetrando la stessa violenza per cui ieri siamo scesə in piazza, è un gesto che non può passare inosservato e nel silenzio.
Vogliamo denunciare la violenza nei luoghi di cura e di lavoro, come ospedali e studi medici, violenza che esiste, è presente, ed è messa in atto dagli intoccabili: direttori, professori, ricercatori, dottorandi, dirigenti medici e non, medici di medicina generale, specialisti ed infermieri uomini che ripetutamente si nascondono dietro la dignità professionale e il merito della loro laurea.
Sono loro i vostri “bravi figli sani e bianchi del patriarcato”, cresciuti in una società intrisa di sessismo, cultura della stupro, razzismo e abilismo. A questo mondo appartengono loro e appartenete anche voi che non alzate un dito contro di loro per isolarli.
Vogliamo denunciare che noi, a differenza dei nostri colleghi maschi cisgender ed eterosessuali, ci portiamo il carico invisibile delle attenzioni indesiderate, di come ci poniamo, di quanta confidenza diamo al nostro interlocutore, che sia un collega o meno.
Ognunə di noi potrebbe raccontare di molestie subite nell’ambito della propria professione e dei propri studi. Ognunə di noi ha rischiato di subire violenze fisiche e sessuali e di noi moltə sono statə abusate sessualmente, psicologicamente e fisicamente.
Vogliamo denunciare che questo avviene ripetutamente a danno dei nostri corpi, psiche ma anche a danno di quelli di tutte le donne cis e persone LGBTQIA+ che, in un contesto di sofferenza clinica e psicologica, anzichè trovarsi in un ambiente protetto, ricevono, invece, abusi da parte del personale sanitario. Non permetteremo più che le loro istanze e i loro bisogni non trovino delle risposte adeguate e complete.
Non accettiamo più che colleghi e personale sanitario, forze dell’ordine o politici nascondano come questo avvenga da sempre e ripetutamente, senza prevenire né intervenire.
Vogliamo denunciare qui, oggi, che il patriarcato è presente negli spazi della salute e dello studio: ne è entrato dalla fondazione degli ospedali, degli ambulatori medici, dei luoghi di cura e delle università.
Vogliamo ribadire con forza, qui ed ora, in maniera chiara e inequivocabile, che il patriarcato permea questa società e che abbiamo smesso di sentirci impotenti e zittitə: siamo furiosə e rumorosə! Siamo stufə della sua continua negazione in difesa del titolo professionale.
Vogliamo sottolinearlo in quanto il patriarcato è il diretto responsabile delle violenze messe in atto anche contro il personale sanitario.
Siamo in piazza con la mente e il cuore rivolto alla Palestina e al popolo palestinese e ci uniamo al dolore e alla rabbia di tuttə quellə che in questi 49 giorni di guerra sono statə instancabili nel denunciare il genocidio del popolo palestinese, le atrocità perpetuate da Israele e la violenza contro gli ospedali divenuti campi di battaglia e non più luoghi di cura.
Oggi in piazza e domani nelle nostre università, nei luoghi di cura e di lavoro, continueremo a parlare, a denunciare e a lottare per Giulia Cecchettin, per Rita Talamelli e per tuttə lə altrə. Saremo instancabili, continueremo a fare rumore e lottare per trasformare i luoghi del sapere, della cura e del lavoro in luoghi sicuri per tuttə noi e per voi. Noi professionistə della salute ci siamo e faremo anche noi la nostra parte in questa lotta.
Il patriarcato c’è, è in mezzo a noi.
Lo ribadiamo qui ed ora: violenza è negarne l’esistenza.
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