Scelta. Una parola che non conosciamo più o che conosciamo troppo?
Quando abbiamo scelto di completare gli studi della professione medica, chi più, chi meno, lo abbiamo fatto con delle idee precise, con degli obiettivi per la nostra vita, ci ritroviamo, invece, a lottare per una paga dignitosa, colpevolizzati, per questo tentativo, da chi ci ritiene dei privilegiati, da chi ritiene la nostra sia tra le poche professioni non toccate dai mille problemi che affliggono la nostra generazione nell’accesso al lavoro.
Ma qual è la condizione lavorativa di noi giovani medici in Italia? Quanti sono i soprusi che quotidianamente ci tocca subire? Prima di laurearvi pensavate che avreste ricoperto mansioni che, soprattutto considerando il ruolo del personale medico, non spetterebbero a noi?
Vi è mai capitato di sentirvi male e non essere in grado di andare al lavoro? Cosa avete fatto in quel caso? La vostra scelta è stata dettata dalla vostra passione e vocazione o vi siete sentiti costretti dal ricatto e dalla paura di non avere alternative?
Il quadro che ci si apre davanti dopo la conclusione dei nostri percorsi formativi sembra sempre più un percorso ad ostacoli, senza alcuna via d’uscita: per i pochi fortunati che riescono ad accedere alle specializzazioni, si apre un periodo di lavoro a tutti gli effetti che troppo spesso si discosta dall’essere la fase conclusiva della nostra formazione, quanto più essere il tappabuchi di un Servizio Sanitario definanziato e in crisi di personale, il quale, senza di noi, non si reggerebbe in piedi. Il tutto nonostante risulti palese a tutti/e, e continuamente ribadito, come la totale assenza di una programmazione strutturale ed individuale vada a ricadere sulla qualità del servizio erogato in ambito sanitario.
L’alternativa? Cercare fuori, nella giungla dei lavori a progetto, delle consulenze a partita IVA, delle saltuarie sostituzioni, senza alcun tipo di tutela o continuità di reddito che possano garantire la serenità di una vita dignitosa, la possibilità di programmare il nostro futuro oltre la scadenza del prossimo contratto semestrale. Sappiamo bene che non è una condizione solo nostra, che invece riguarda tanti e tante che in diversi settori si trovano ad esercitare la professione nella più assoluta precarietà.
Il problema della precarietà non è solo la mancanza di un reddito fisso. Il precariato si porta dietro anche tutta una serie di perdite: perdita di tutele, perdita di diritti, perdita di potere contrattuale, perdita di possibilità di scelta.
Tra specializzandi che che spesso vivono una condizione di subalternità sul posto di lavoro, tra liberi professionisti che si ritrovano per mesi senza alcun tipo di retribuzione per via di pagamenti dilazionati in eterno, da un lato si sacrifica la nostra possibilità di costruirci un futuro dignitoso, libero nelle scelte e tutelato, dall’altro si mette in seria discussione la possibilità di garantire al massimo delle possibilità un diritto universale quale quello dell’accesso alle cure da parte della popolazione
In tanti settori stanno finalmente venendo al pettine le sorti di tanti giovani come noi, impegnati in progetti di alternanza o tirocinio sempre più simili a esperienze di sfruttamento, impegnati come volontari in un paese che si è dimenticato le politiche attive, costretti a lavorare gratuitamente con la promessa che un giorno, forse, riceveranno la prima retribuzione.
Risulta fondamentale, come già sta avvenendo grazie all’azione delle varie OMCeO e grazie all’autorganizzazione di molti colleghi tramite i social, continuare a battere il ferro finchè è caldo e non fermarci, continuando a denunciare a gran voce e non solo sui nostri gruppi lo sfruttamento a cui siamo sottoposti e richiedendo più tutele e più certezze.
Il 24 Novembre in tutta Italia in tanti/e hanno deciso che prenderanno parola, per denunciare la propria condizione, per alzare la voce insieme negli stati generali dello sfruttamento, come giovani medici abbiamo deciso anche noi di partecipare! In primis avviando una raccolta di queste storie sulla nostra pagina durante tutta la giornata, anonime laddove richiesto per paura di ritorsioni sul posto di lavoro, e immaginando un’inchiesta che coinvolga il nostro settore con l’hashtag #ChiSiCuraDiMe? in cui invitiamo tutti i colleghi a raccontare la propria storia di sfruttamento sulle proprie pagine personali con lo scopo di diffondere anche agli altri settori le nostre storie.
Inoltre intendiamo quantizzare il fenomeno proponendovi il seguente questionario.
Prendiamoci cura di noi e facciamolo adesso! Perchè lo sfruttamento fa male alla salute!
Il coordinamento #ChiSiCuraDiTe?