Quando la maternità viene a costare (848,79 euro!)

Immaginate di essere all’ultimo anno di specializzazione, immaginate di aver finalmente completato il vostro agoniato percorso di studi di 6 anni + 5 anni. State scrivendo la tesi, avete già la data, avete già allertato i parenti, prenotato il locale per far festa e comprato il vestito e ricevete un avviso da parte della segreteria amministrativa della vostra università: hai scordato di pagare le tasse universitarie!

La sorpresa si annida nella vostra mente: eppure le avete pagate in regola l’anno scorso e non vi è motivo per cui dobbiate pagarle. Così telefonate alla segreteria e vi viene detto quanto segue: “Qui risulta che lei abbia sospeso la sua formazione per 5 mesi, l’anno accademico, però, non si sospende solo perchè lei interrompe la sua formazione, quindi lei ci ha messo un anno accademico in più a formarsi e deve pagarlo”. Cinque mesi, esattamente i cinque mesi di cui avete obbligatoriamente usufruito per poter mettere alla luce il pupo a cui avete comprato un abitino adatto al giorno in cui vi proclamerrano specialista.

Questa è la storia di una collega di Sassari, a cui la segreteria ha intimato di pagare 848,79 euro per poter sostenere l’esame finale si specializzazione. La scusa vagliata dall’amministrazione? “I soldi lei li ha ricevuti in quei 5 mesi” riferendosi alla quota fissa percepita da Regolamento anche durante la maternità. Poco valsero le affermazioni sulla irregolarità della cosa vagliate dalla collega e sul fatto che non vi fosse, tra l’altro, segnalato nulla di tutto ciò nel regolamento: “La delibera non è scritta, ma si fa così a Sassari” è stata la risposta “Si rivolga al Rettore”.

Ancora una volta, l’ennesima di troppo, in uno Stato in cui si richiede di procreare e mantenere la propria fertilità al meglio, si penalizza chi fa figli nel mondo medico senza alcuna possibilità di scelta tramite il ricatto “Ha pochi giorni per saldare il conto o non sarà ammessa alla sessione di specializzazione”.

Le donne che intraprendono il percorso medico, sin dalla laurea a ciclo unico, risultano svantaggiate, qualora decidessero di intraprendere la maternità: dai blocchi di accesso ai tirocini, passando al ritardo di esecuzioni degli esami, fino alle affermazioni malevole da parte di professori poco inclini alla comprensione nei loro confronti, al vero e proprio mobbing da parte di primari e colleghi sia prima che dopo il parto. In ogni caso, sia in caso di libera professione che non, dalle poche indagini finora svolte, risulta evidente come per molte l’aver avuto figli abbia causato un peso importante sulla propria vita lavorativa, peso che non si evince nei colleghi uomini che, invece, affermano più volte di non averne risentito grazie al supporto delle compagne che si occupavano maggiormente della genitorialità.

In un mestiere in cui la quota femminile è sempre più elevata risulta evidente come le politiche di supporto anzichè adeguarsi si siano fermate vent’anni fa con la legge sulla tutela della maternità del 2001. Urge una evoluzione del pensiero politico collettivo che si occupi di tutela della genitorialità con congedi sia per le donne che per gli uomini, con gli asili nido aziendali, con delle linee guida nazionali sulla gestione delle tasse universitarie in modo da non penalizzare le colleghe o i colleghi che si vogliano avvalere del suddetto congedo e con una politica che si occupi di trovare una soluzione alternativa ai tirocini che le colleghe in gravidanza non possono svolgere (che siano studentesse, neolaureate, specializzande o corsiste mmg) in modo da garantirne il diritto allo studio parimenti alla tutela della genitorialità.

Questa per noi è la goccia di troppo, nei prossimi mesi intraprenderemo delle call attive per poter agire contro queste forme di abusi contro tutte e tutti coloro che decidessero di mettere sullo stesso piano il proprio mestiere e il proprio desiderio di diventare genitori a partire da indagini fino alle interrogazioni di un mondo parlamentare che vuole continuare a presentarsi sordo di fronte ad una generazione precaria che vorrebbe, ma sempre di più si sente rispondere “non puoi”.

#StayTuned

Il coordinamento #ChiSiCuraDiTe?

 

Torna in alto