“Si naviga a vista” – I risultati della consultazione on-line: Medici in formazione, professionisti della salute e SARS-CoV2 / COVID-19

Ormai da quasi un mese, operatori della salute, personale non medico delle strutture sanitarie, sono chiamati ad un impegno di energie sia fisiche che mentali per il quale nessuno era preparato. Non tanto dal punto di vista delle conoscenze, quanto dal punto di vista delle risorse. L’emergenza in atto ha, infatti, messo alle strette un’organizzazione già in sofferenza a causa del massiccio definanziamento del servizio pubblico. Di emergenza sanitaria, infatti, si parlava già, in tempi non sospetti, facendo riferimento al deficit di professionisti della sanità rispetto ai fabbisogni di salute della popolazione. Da anni, ormai, governi nazionali e regionali tentato di sopperire alla carenza di specialisti con soluzioni di rapida attuazione ma di scarsa (se non dannosa) prospettiva nel lungo termine (per approfondire: Carenza medici e misure emergenziali: i limiti del modello Veneto; Formazione, tutele, lavoro: perché scegliere?)

In questa situazione di bilancio, già negativo tra risorse e bisogni, l’emergenza COVID-19 ha costretto gli enti locali e le aziende ospedaliere a reagire con misure non sempre univoche e non sempre rispettose dei diritti dei lavoratori, portando a situazioni di incertezza, comunicazione inefficiente e, talvolta, scarsa sicurezza sul lavoro per sanitari e pazienti.

Avevamo già ricevuto, nelle ultime settimane, diverse segnalazioni di condotte irregolari nei confronti di medici in formazione specialistica, corsisti di medicina generale, camici grigi e studenti, che avevamo portato all’attenzione della stampa e dei Ministri della Salute e dell’Università (COVID-19 E FORMAZIONE MEDICA SPECIALISTICA). 

Abbiamo voluto proseguire quindi la nostra attività di raccolta delle singole esperienze e situazioni locali attraverso una consultazione on-line, realizzata in collaborazione con ASVER (Associazione degli Specializzandi di VERona), consapevoli, in quanto medici della necessità di conoscere un fenomeno in maniera dettagliata e complessiva per poterlo interpretare e per poter agire di conseguenza. Ma soprattutto abbiamo voluto dare la possibilità a colleghi medici ed infermieri sia di descrivere, in forma anonima, condizioni di non rispetto delle tutele e dei diritti degli operatori della salute, sia di poter raccontare e condividere le esperienze virtuose che le necessità di queste settimane hanno spinto ad elaborare.

Riportiamo quindi i risultati ottenuti dalle risposte che ci sono state fornite e ringraziamo tutti i colleghi che hanno dedicato il loro tempo per partecipare alla consultazione.

I risultati della consultazione

Nel periodo della settimana dal 12 al 18 marzo, abbiamo ricevuto 203 risposte da 11 regioni d’Italia (Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia-Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Sicilia, Toscana e Veneto). La quasi totalità dei partecipanti al sondaggio (87%) sono stati i medici in formazione specialistica (69,78%) e corsisti MMG (20, 9%), ma abbiamo ricevuto risposte anche da camici grigi, medici di  continuità assistenziale, medici di medicina generale e medici specialisti con contratto a termine. Le risposte che abbiamo ricevuto provengono da colleghi che operano presso aziende o presidi ospedalieri, aziende ospedaliere universitarie, continuità assistenziale, RSA, ambulatori e strutture territoriali.

  1. Nella struttura in cui lavori, sono stati organizzati momenti formativi sulla gestione del COVID-19? Se sì, in che modo?

“Solo dopo richiesta da parte degli specializzandi”

Parlavamo di comunicazione e della necessità di conoscere un fenomeno per poterlo affrontare. Purtroppo, dalle risposte che abbiamo ricevuto, dobbiamo constatare un diffuso disinteresse da parte degli enti deputati ad informare correttamente gli operatori. Risulta infatti che, in più della metà dei casi (57%) non è stata svolta alcuna attività formativa per la gestione del SARS-CoV2. I momenti formativi sono stati nella maggior parte (35%) svolti on-line (e-learning o tramite mail) mentre nel 18% dei casi sono state tenute lezioni frontali o riunioni. Dal punto di vista qualitativo, otto intervistati hanno lamentato la mancanza di aggiornamenti periodici.

  1. Nella struttura in cui lavori, ti sono stati forniti i Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) necessari previsti dalle linee guida OMS (mascherina chirurgica, camice, guanti e occhiali protettivi? Quali presidi ti sono stati forniti?

“Non agli specializzandi, a cui viene data solo la mascherina chirurgica, ma non tutti i giorni, solo quando disponibile”

Uno degli argomenti di maggior rilievo sul tema COVID-19 è la mancanza totale di DPI in alcuni casi o di DPI adeguati in altri. In effetti, dalla nostra consultazione risulta che in un quarto dei casi, non è stato fornito alcun DPI. Ma ancora più gravi sono le segnalazioni di comportamenti discriminatori (di cui avevamo già avuto notizia e che già avevamo denunciato) per cui solo agli specializzandi non sono stati forniti i DPI. In altri casi la mascherina chirurgica è stata fornita con l’indicazione ad essere riutilizzata per più giorni.  

Ad un collega camice grigio è stata fornita una sola mascherina FFP1 mentre le altre sono state acquistate personalmente da lui. 

Altra grave segnalazione che abbiamo ricevuto proviene da tre medici ai quali, pur svolgendo assistenza a pazienti affetti da COVID (due su base volontaria, uno obbligatoriamente), non sono stati forniti i DPI adeguati (è stata fornita solo la mascherina chirurgica).

  1. Se hai avuto contatti con casi accertati, la struttura ti ha messo a disposizione un test diagnostico?

“Chi ha avuto contatti ha fatto il tampone, ma è rimasto a lavoro fino all’esito del test”

La testimonianza sopra riportata rappresenta una conseguenza dell’articolo 7 del D.L. del 09 marzo 2020 n. 14, per cui la la misura di permanenza domiciliare in caso di contatto con soggetto risultato positivo non si applica agli operatori sanitari. Ne consegue un elevato rischio di trasmissione attraverso medici, infermieri o OSS che potrebbero essere portatori asintomatici del patogeno fino a prova contraria. Ad aggravare il quadro, è la mancanza della prova contraria. Infatti, solo il 31% dei medici intervistati, venuti a contatto con casi positivi, è stato sottoposto al tampone.

C’è anche da notare che 16 dei 17 medici ai quali è stato eseguito il test diagnostico erano specializzandi presso aziende ospedaliero-universitarie (l’altro medico era un corsista del corso di medicina generale). Ne risulta che a 6 corsisti di medicina generale, a un camice grigio, a un medico specialista con contratto a termine e addirittura ad uno studente non è stato messo a disposizione il test diagnostico, nonostante avessero avuto contatti con casi positivi accertati.

  1. Se hai avuto contatti con casi accertati e sei stato posto in quarantena, i giorni di quarantena sono contati come: 

Altra questione irrisolta è la gestione della quarantena per i medici in formazione, esempio dell’estrema eterogeneità di comportamenti nonché dell’ambiguità della figura degli specializzandi (vedi: COVID-19 e formazione medica specialistica)

Fra gli intervistati, 14 medici (due corsisti di medicina generale e 12 specializzandi) sono stati posti in quarantena per contatto con un caso accertato. Fra gli specializzandi, in 5 casi la quarantena è stata considerata come “malattia”, in 7 casi invece hanno risposto di non sapere in che modo saranno conteggiati i giorni di allontanamento dalle attività.

Per quanto riguarda i corsisti di medicina generale, uno di loro ha risposto di non sapere in che modo saranno conteggiati i giorni di quarantena, nell’altro caso ha riferito che i giorni di assenza dal lavoro saranno considerati come ferie, in modo del tutto inappropriato in quanto non si tratta di assenze per motivi personali. 

  1. La tua università o l’azienda in cui lavori hanno fornito indicazioni specifiche per i medici in formazione? Se sì, in che modo?

“Agli specializzandi è stato detto di non avvicinarsi ai casi sospetti”

Rimaniamo in tema. Le università delegano le disposizioni sui medici in formazione alle aziende ospedaliere, che a loro volta dimenticano di considerare gli specializzandi fra le figure mediche che operano al loro interno. Ne risulta che solo nel 20% dei casi sono state date indicazioni agli specializzandi su come proseguire la loro formazione che si esplica in più aree degli ospedali. Infatti, se la maggior parte delle a attività elettive (ambulatoriali o di sala) dove gli specializzandi svolgono le loro attività professionalizzanti sono state ridotte se non del tutto annullate, a ciò non è corrisposta una ridistribuzione dei medici in formazione specialistica, che nell’80% dei casi non hanno ricevuto alcuna indicazione su come comportarsi. Nei casi in cui l’attività degli specializzandi è stata rimodulata, le università o i direttori di scuola hanno dato indicazione a ridurre il numero di specializzandi presenti in struttura attraverso sospensione di alcune attività formative più a rischio o attraverso turnazioni. In quattro casi (tre specializzandi e un corsista di medicina generale) non è stata data indicazione a modificare la loro attività se non raccomandando di non avvicinarsi ai casi sospetti o di non lavorare per più di 6 ore al giorno (ricordiamo che, secondo l’attuale contratto di formazione specialistica, il tempo pieno di uno specializzando è di 38 ore settimanali, di cui 4 di didattica frontale, quindi meno di 6 ore al giorno di attività pratica).

  1. Sei stato chiamato a prestare assistenza ai pazienti COVID nonostante la tua area di competenza non rientri nella gestione di malato infettivo/respiratorio? Se sì, hai ricevuto la formazione necessaria prima di andare a fornire assistenza?

“In Continuità Assistenziale capita chi capita, in ospedale basta una scheda volante di autocertificazione che non hai il COVID”

Dei 203 medici che hanno risposto al nostro questionario, 25 operano in aree COVID: 9 sono specializzandi in aree che rientrano nella gestione del malato infettivo/respiratorio, 12 sono stati assegnati su base volontaria e 2 obbligatoriamente. Solo il 19% di loro ha risposto di aver ricevuto una formazione adeguata per la gestione dei pazienti. Più nel dettaglio. I due colleghi (uno specializzando e un corsista di MMG, quindi entrambi medici in formazione) che sono stati chiamati a prestare assistenza a pazienti COVID, hanno risposto di non aver ricevuto la formazione necessaria. Dei colleghi (tutti medici in formazione specialistica) che invece lavorano in aree dedicate alla gestione del malato infettivo/respiratorio, in due hanno risposto di non aver ricevuto l’adeguata formazione.

Conclusioni

Le risposte che abbiamo raccolto ci hanno offerto la dimensione di alcune situazioni che già avevamo avuto modo di toccare con mano nei nostri luoghi di  lavoro. Come professionisti della salute, da un lato, siamo testimoni delle gravi carenze e delle difficoltà in cui ci troviamo a lavorare fra insufficienza dei DPI, scarsa formazione ed informazione, non sufficienti tutele sulla sicurezza. Come medici in formazione, dall’altro, stiamo sperimentando le estreme conseguenze di una forma contrattuale ambigua, che non stabilisce con chiarezza le attività che possiamo svolgere e al contempo non garantisce le tutele corrispondenti alle mansioni che, di fatto, già espletiamo. Le carenze emerse, oltre a determinare dei rischi per gli operatori sanitari nello svolgimento del loro lavoro, si ripercuotono, in ultima istanza, sulla qualità del servizio offerto alla popolazione. Un professionista della salute, per lavorare in piena scienza e coscienza, deve essere messo in condizioni di sicurezza e ricevere indicazioni e garanzie di tutela univoche ed uniformi. Crediamo quindi che sia necessario, partendo dalle difficoltà che stiamo sperimentando, ricostruire insieme un SSN pubblico di qualità, coinvolgendo tutte le forze in campo, dai ministeri agli enti locali, alle parti sociali, alle associazioni. Per farlo bisognerà invertire la rotta del definanziamento del SSN, ripensare la formazione medica generale e specialistica in base al fabbisogno di salute della popolazione e non in base ad esigenze di budget, stabilire per i lavoratori della salute le tutele corrispondente ai rischi che corrono ogni giorno. Solo così, garantendo le migliori condizioni di lavoro per medici, infermieri, OSS, tecnici e personale non sanitario saremo capaci di offrire i massimi standard di salute per tutta la popolazione ed essere pronti, in futuro, a superare qualsiasi nuova emergenza saremo chiamati ad affrontare. 

Riportiamo a qui le risposte alle domande aperte e i commenti.

1 commento su ““Si naviga a vista” – I risultati della consultazione on-line: Medici in formazione, professionisti della salute e SARS-CoV2 / COVID-19”

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